Dunque lo confesso, per
qualche mese sono stata ossessionata da Giulio Mozzi. Giulio Mozzi è un
consulente editoriale che seleziona autori per Marsilio, ma ai tempi della mia
ossessione, che poi risale appena a un paio di mesi fa, lavorava ancora con
Einaudi. Giulio Mozzi è anche un docente di scrittura creativa ed è uno che ci
capisce e ci capisce parecchio e si intuisce subito. In poche parole, Giulio
Mozzi è una persona che stimo e quando uno lo stimi è un po' più facile che ti
venga un'ossessione, e comunque da quanto ho capito soffrire dell'ossessione
Giulio Mozzi non è affatto raro, tra noi aspiranti, basta farsi un giro sul suo
blog Vibrisse e si vede subito. Vai a
leggerti un po' dei commenti in calce ai suoi post più caldi e capirai
all'istante che c'è gente che non ci dorme la notte. Io almeno la notte ci
dormivo. Insomma, una notte su tre.
Io Giulio Mozzi l'ho conosciuto un sacco di
tempo fa, nel 1997 o giù di lì, mi pare, quando ho comprato in libreria il suo Ricettario
di scrittura creativa. E l'estate scorsa stavo scrivendo il mio secondo
romanzo ed era un periodo di magra per le traduzioni e avevo tempo di
gironzolare un po' tra i siti. E zac, l'ho ritrovato, nel suo blog Vibrisse. Questo periodo di magra per le
traduzioni, c'entra anche questo, credo, nella mia ossessione, che quando
traduci un romanzo non ce l'hai lo spazio mentale di farti venire le ossessioni
e io invece non traducevo nessun romanzo e in realtà non lo traduco nemmeno
ora, che il periodo di magra continua. L'ossessione però mi è passata, almeno
credo. Su Vibrisse ci vado ormai solo una volta al giorno.
Ma insomma, fatto sta che l’ho
ritrovato. Lui lavorava per Einaudi e leggeva tutto, assolutamente tutto, quello
che gli arrivava. È una cosa che promettono in tanti, quella di leggere tutto,
ma in genere non ci crede nessuno. Giulio Mozzi invece non ti viene un attimo di
dubitarne, di quello che dice, lui legge tutto per davvero. È stato lì che s’è
scatenato il mio spiritello allegro, quello che ogni tanto mi si poggia sulla
spalla e comincia a blaterarmi all’orecchio: dai, forza, non mollare, ce la
farai, così mi incita quel diavoletto.
Mi sono messa a leggere tutte le sue
istruzioni su come mandare i dattiloscritti, perché lui scrive questa specie di
decaloghi da seguire per far sì che le cose vadano tutte per il verso giusto e
ho cominciato a pensare: magari quando finisco glielo mando… Cominciano così,
le ossessioni, da pensieri che all’inizio li pensi un po’ di striscio, quasi
senza accorgertene, uno a saperlo prima si difenderebbe, ma all’inizio non lo
sai mai la forza che c’hanno certi pensieri che sembrano innocui. E sì che
Giulio Mozzi non è che sia uno che alimenta speranze. Al punto cinque del suo
decalogo infatti scrive: “Ricevo più di
cinque opere dattiloscritte al giorno. Le opere che trovo degne di lettura
integrale sono ogni anno circa un centinaio; quelle che trovo davvero di un
qualche interesse, non più di una ventina; quelle che riesco a portare alla
pubblicazione sono tre o quattro. Vi prego di tenere presenti questi numeri.
Più o meno nove opere su dieci sono tali da poter essere liquidate dopo la
lettura di poche pagine; ho giurato comunque a me stesso di leggere trenta
pagine (e di dare una sfogliata) a tutto ciò che ricevo, per quanto tremendo mi
sembri”. Insomma, c’è da mettersi a piangere, c’è da stroncare anche lo
spiritello allegro più ardito. Poi però vai a guardare i suoi commenti in
calce, che sono praticamente risposte a tutti gli ossessionati che gli chiedono
notizie sul loro dattiloscritto, e leggi che la maggior parte delle opere che
gli arrivano sono piene di strafalcioni grammaticali e allora pensi: Ok, almeno
nel mio strafalcioni grammaticali non ce ne sono, questi anni di traduzione a
qualcosa mi saranno pur serviti. E poi,
sempre al punto cinque Giulio Mozzi continua: “Ho deciso dunque di farmi vivo
solo quando ciò che leggo mi interessa, mi fa immaginare che dietro il testo ci
sia una persona veramente capace di fare ciò che vuol fare, mi fa venire voglia
di battermi per la pubblicazione dell’opera (se è un’opera già fatta e finita)
o di mettermi a disposizione di chi l’ha scritta (se è un’opera incompleta, o
incompiuta, o piena di ingenuità, o palesemente giovanile, eccetera)”, ed è
questo ad alimentare davvero le speranze. Perché, ora vorrei che fosse chiaro,
la mia immaginazione non si è mai spinta tanto avanti da pensare alla
possibilità di essere pubblicata da Einaudi. Non ci ho mai nemmeno pensato, io,
che potesse succedere. Avevo un unico pensiero, piacere a Giulio Mozzi. Scrivevo
un capitolo e poi camminavo guardando il cielo con lo spiritello allegro che mi
canticchiava nell’orecchio: a Giulio questo pezzo gli piace sicuro.
Poi ho finito di scrivere, ho
letto, ho riletto, e ogni volta quello che avevo scritto mi piaceva di più. A
Giulio gli piace sicuro, continuava a istigarmi lo spiritello allegro. E allora
io, era un pomeriggio di metà gennaio, ho impaginato tutto secondo le istruzioni,
ho fatto un bel respiro, e ho mandato a Giulio Mozzi la mia creatura. Intanto
su Vibrisse cominciava la rubrica La formazione della scrittrice e i primi
due o tre articoli erano di scrittrici che erano state scoperte da Giulio Mozzi
e io pensavo: Wow, che bello, essere scoperta da Giulio Mozzi! E giravo col
cellulare sempre in tasca, per essere certa di sentirlo squillare. È così che
vanno, certe ossessioni. E quel tempo della speranza, in fondo, non è poi male,
con quello spiritello allegro che ti fischia sempre nelle orecchie.
Poi sono passati due mesi.
Giulio Mozzi a riguardo non lascia adito a dubbi: se passano due mesi senza che
mi faccia sentire, allora a me, del vostro scritto, non me ne frega niente. E i
due mesi sono passati. Se l’abbia liquidato dopo le trenta pagine che si
costringe a leggere o sia andato un po’ oltre non lo saprò mai, la cosa certa è
che non gli è piaciuto, e allora gli ho dato un po’ di bastonate, al mio
spiritello allegro, e l’ho chiuso in un cassetto.
Nel caso qualche aspirante
scrittore avesse voglia di vivere un paio di mesi con uno spiritello allegro
che gli fischia nell’orecchio, qui le istruzioni per l’invio dei manoscritti. E buona fortuna!
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